Proprietà privata e bene comune

In questo post voglio affrontare il tema della legittimazione della proprietà privata da un punto i vista etico ed evangelico. Dico subito che la proprietà privata, secondo me, da un punto di vista etico ed evangelico è una ingiustizia bella e buona. E' una ingiustizia perché dire "proprietà privata" significa dire "esproprio". Sì, esproprio e proprietà privata sono le due facce della stessa medaglia. Non c'è proprietà privata senza l' esproprio di qualcuno. Per poter diventare proprietario esclusivo di un qualsiasi bene, si deve espropriare quel bene a tutta la comunità o a colui che lo ha in uso. Lo si può fare abusivamente (illegalmente) con la forza o la guerra o legalmente con la legge, se quest'ultima prevede e legittima la proprietà privata e l'esproprio.

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Ricordo che la proprietà privata poggia su quattro pilastri: proprietà mobiliare (soldi, azioni, titoli, oggetti), proprietà immobiliare (case, terreni, immobili), proprietà intellettuale (Copyright, brevetti, marchi, lavoro intellettuale), proprietà biologica (maternità, paternità, matrimonio, famiglia, testamento biologico, lavoro).

L'art. 42 della Costituzione italiana, tanto per fare un esempio, legittima sia la proprietà privata, sia l'esproprio, a dimostrazione del fatto che proprietà privata ed esproprio sono la stessa cosa. L'aborto volontario, per fare una analogia, è l'equivalente dell'esproprio sotto il profilo della proprietà biologica. Così il divorzio e l'eutanasia.

Ma leggiamo cosa dice il primo comma dell'art 42 della Costituzione: "La proprietà è pubblica o privata. I beni economici appartengono allo Stato, ad enti o a privati." E Dio, il creatore di tutte le cose, o la Natura, per l'ateo, che fine fa? Proprio l'Italia, culla del cristianesimo scarta Dio dalla proprietà dei beni economici assegnandoli invece a chi gli fa più comodo: Stato, enti e privati.

E' evidente che l'articolo 42 non tiene conto del vero proprietario di tutti i beni economici: Dio per il credente, la Natura per l'ateo. Leggendo l'articolo 42, si apprende che la proprietà, secondo la Costituzione, può avere due diramazioni: pubblica o privata, ma la Costituzione non definisce cosa è la proprietà in sé. Lo fa, al suo posto, l'art. 832 del Codice civile, definendo il proprietario come colui che "ha diritto di godere e disporre delle cose in modo pieno ed esclusivo, entro i limiti e con l' osservanza degli obblighi stabiliti dall' ordinamento giuridico". Quello è il proprietario, perché l'espressione: "In modo esclusivo" significa che i diritti o i beni sono attribuiti ad una sola persona, quindi soltanto uno o alcuni possono disporre e godere delle cose e non tutti gli altri che ne sono esclusi. Ma poi cosa si intende per "beni economici"?

Il secondo comma dell' art 42, secondo me, è una contraddizione nei termini perché dice: "La proprietà privata è riconosciuta e garantita dalla legge, che ne determina i modi di acquisto, di godimento e i limiti allo scopo di assicurarne la funzione sociale e di renderla accessibile a tutti."

Come è possibile rendere la proprietà privata accessibile a tutti, quando per diventare proprietario di un bene occorre espropriarlo a chi lo detiene pur corrispondendo un prezzo? L'espropriato non ha più accesso alla proprietà del bene se chi lo ha espropriato, potendone disporre solo lui in modo esclusivo, non glielo cede.

Il terzo comma dell'art. 42 è pure lui una contraddizione nei termini con il comma precedente, leggiamolo: "La proprietà privata può essere, nei casi preveduti dalla legge, e salvo indennizzo, espropriata per motivi d'interesse generale". Che senso ha? Che senso ha diventare proprietari esclusivi di un bene per poi essere espropriati per interesse generale? Allora la proprietà privata, garantita dalla legge come dice il secondo comma, in questo caso non è più garantita dalla legge, perché la legge stessa la espropria. Tanto vale allora che la proprietà resti pubblica e non privata. Eviteremmo di prenderci in giro.

L'ultimo comma è una capolavoro di esproprio nel tempo: "La legge stabilisce le norme ed i limiti della successione legittima e testamentaria e i diritti dello Stato sulle eredità". Con la successione legittima e testamentaria stabilita dalla legge, la proprietà si tramanda nel tempo dal defunto a colui che gli succede, impedendo alla morte di riequilibrare le cose, escludendoti quindi da ogni speranza di giustizia nel tempo. E' lo Stato, persona giuridica, che vanta i diritti sulle eredità, non il cittadino come persona fisica.

Io, da cristiano credente, non accetto questo stato di cose molto volentieri, ma non voglio mettere scompiglio nell'ordinamento giuridico umano consolidato da secoli di errori e di guerre o imporre il mio punto di vista. Secondo me, tutti i beni appartengono a Dio creatore che li dona a tutta l'umanità affinché siano valorizzati e condivisi responsabilmente tra tutti.

I comandamenti di Dio: "non rubare" o "non desiderare la roba d'altri", dal mio punto di vista cristiano, significano non desiderare in modo esclusivo i beni che Dio (o la Natura) ha donato all'umanità, cioè non sottrarre all'uomo e alla sua discendenza la sua quota di proprietà per destinarla in modo esclusivo esclusivamente a te o a qualcun altro. Idem "Non rubare", dal mio punto di vista di credente, significa non espropriare l'uomo di un qualsiasi bene che per diritto naturale appartiene a tutti e quindi anche a te, per farne un bene esclusivo tuo o di qualcun altro, ma godi di quel bene condividendolo equamente con tutti.

Quindi, secondo me, la proprietà privata non solo è una offesa a Dio e all'etica dell'uomo, ma è anche una ingiustizia nei confronti dell'umanità perché legittima un abuso, legittima l'esproprio dei beni che Dio (o comunque la Natura) dona all'umanità attraverso vari modi affinché siano responsabilmente valorizzati e condivisi.

Per cui auspico che l'uomo prenda coscienza di questa ingiustizia e vi faccia fronte non attraverso lo strumento legislativo che mortifica l'uomo sotto molti aspetti imponendo una legge uguale per tutti, ma invece attraverso lo strumento dello Spirito che vivifica l'umanità portandola dalla condizione di "bestiame" senza nome, alla condizione di Chiesa cattolica, unica famiglia universale consapevole, dove tutto è condiviso.