La dogana pastorale

Papa Francesco nell'omelia del 25 maggio 2013 ha accennato, in senso polemico, all'ottavo sacramento istituito dall'uomo: la dogana pastorale.

Una ragazza madre, che va in chiesa dicendo: ‘Voglio battezzare il bambino’”. Può capitare, denuncia il Papa, che si senta rispondere: “No, tu non puoi perché non sei sposata!”. Per il Pontefice è assurdo “che questa ragazza che ha avuto il coraggio di portare avanti la sua gravidanza e non rinviare il suo figlio al mittente” trovi poi “una porta chiusa!”. “Questo, non è zelo! Allontana dal Signore! Non apre le porte!”.

Ma cosa è una dogana? secondo il dizionario Zingarelli la dogana è: "Ufficio fiscale che ha l'incarico di riscuotere i tributi cui sono sottoposte le merci che entrano o escono dal territorio dello Stato". La denuncia del Papa è metaforica, ma calzante. La ragazza madre non ha pagato il "tributo" del matrimonio e quindi, secondo "la cultura religiosa zelante" cristiana cattolica o meno, non avrebbe diritto al battesimo del figlio e quindi non può essere sdoganata.

Io, più che di "dogana pastorale", parlerei di "discriminazione pastorale", di disparità di trattamento. Di dogane e di discriminazioni, questo mondo che, ricordiamolo, poggia sul patriarcato, ne costruisce molte. Discriminazioni e dogane razziali, sessuali, patrimoniali, matrimoniali, anagrafiche, religiose, culturali, civili, sociali, etniche, di censo, di reddito, di lavoro, ecc. sono state e sono all'ordine del giorno in ogni società passata e presente.

Sono discriminazioni vergognose, discriminazioni che nascono da un'unica radice: la proprietà privata. Sì, sempre lei, quella bestia nera che è la proprietà privata e che ti priva di ciò che per diritto naturale ti appartiene: decidere il tuo destino.

Prendiamo una discriminazione qualsiasi: la discriminazione sessuale, per esempio. Per secoli le persone di sesso femminile non sono state ammesse alle votazioni. Perché? Perché le donne, per secoli, non hanno avuto diritto di voto? Qual è stato l'impedimento mentale e psicologico che ha impedito alle donne di votare? Sempre lei, la proprietà privata. La donna è sempre stata considerata proprietà privata del maschio, una sorta di oggetto da possedere a beneficio esclusivo del maschio. Ancora oggi lo è, anche se in termini più smorzati. Ad un oggetto non si dà potere decisionale, perché il potere decisionale appartiene a chi possiede e non al posseduto. Chi è posseduto non può decidere il suo destino, ma ogni potere decisionale spetta sempre al proprietario possidente.

Un'altra discriminazione è quella anagrafica, per esempio. Chi non ha compiuto i 18 anni non può votare, quindi i minori non possono decidere il loro destino. Perché? Qual è l'impedimento mentale e psicologico che impedisce ai minori di votare? Sempre lei: quella bestia nera della proprietà privata. I minori sono i figli e sono proprietà privata dei loro genitori. I figli sono posseduti dai loro genitori e quindi non possono decidere il loro futuro fino a quando la dogana anagrafica non li sdogana.

Ed è così per ogni forma di discriminazione, compresa quella sacerdotale, alla cui radice ci sta sempre lei:

quella bestia nera che è la proprietà privata.