Un unico gregge con un solo pastore

"Io sono il buon pastore: io conosco le mie pecore ed esse conoscono me, come il Padre mi conosce e io conosco il Padre. E per queste pecore io do la vita. Ho anche altre pecore, che non sono in questo recinto. Anche di quelle devo diventare pastore. Udranno la mia voce, e diventeranno un unico gregge con un solo pastore." Gv. 10,14-16.

Traggo spunto da questi passi del vangelo di Giovanni per fare alcune riflessioni sui movimenti ecclesiali e religiosi. Non nascondo di fare parte come aderente e simpatizzante di un movimento ecclesiale di cui apprezzo e stimo la spiritualità. Tuttavia vorrei mettere in guardia coloro che decidono di aderire ad un movimento, su alcuni errori di valutazione che si possono commettere quando si viene a contatto con queste realtà.

L'errore secondo me più grosso che viene commesso dal militante e che vorrei portare a conoscenza è quello di mettere il movimento al primo posto nella scala dei valori. Venire a contatto con un movimento ecclesiale, può essere per molte persone una bella esperienza, dove poter ritrovare la fede in Dio che si era persa. Ci si può innamorare del movimento, del suo leader carismatico, del tipo di vita che si porta avanti e decidere di partecipare con un maggiore impegno e coinvolgimento personale all'organizzazione stessa del movimento. Non c'è niente di male in tutto questo e, per molte persone, è una occasione per approfondire la propria spiritualità e maturare nella fede, vivendola.

Il guaio è quando il coinvolgimento della persona nella vita del movimento è talmente forte e intenso fino ad arrivare a mettere il leader carismatico e il movimento stesso al primo posto nella scala dei valori, credendo, in buona fede, che ciò sia il "tutto" della vita, innamorandosi del movimento, attratti dal carisma del leader, scalzando in questo modo Gesù dal suo ruolo di pastore e di guida spirituale. Può succedere poi, con il tempo, che la persona coinvolta cambi o non senta più come propri i valori portati avanti dal movimento e decida di abbandonare il campo perché delusa da qualche cosa o demotivata, accorgendosi in questo modo di ritovarsi sola e svuotata della propria spiritualità.

C'è quindi il rischio, in questo caso, di sviluppare la sindrome dell'innamorato deluso, con gravi disturbi e disagi sul piano psicologico che possono sfociare anche nella depressione, tanto più grave quanto maggiore è stato il coinvolgimento e il tempo dedicato al movimento. Questo può succedere dappertutto, non solo nei movimenti ecclesiali, ma in qualsiasi gruppo come anche nei partiti o associazioni varie.

L'errore, secondo me, è anche quello di non sapere mantenere un certo distacco psicologico ed emotivo nei confronti del gruppo e del leader carismatico con il quale si viene a contatto e con il quale si decide di condividere una certa spiritualità.

Attenzione quindi. I movimenti hanno sì una grossa importanza e utilità nella formazione spirituale di una persona, ma non devono prendere il primo posto nella vita e negli ideali della persona stessa.
Al primo posto nella scala dei valori, secondo me, deve restare Gesù e il suo insegnamento. Inoltre sono dell'idea che è nella Chiesa che una persona intenzionata a "seguire" Gesù, aderendo ad un certo movimento, deve sentirsi partecipe, più che nel movimento stesso e deve essere Gesù il leader nel quale questa persona dovrebbe identificarsi e non il leader carismatico del movimento. Altrimenti, veramente si rischia di ritrovarsi svuotati e delusi nel caso i rapporti con il movimento e il suo leader carismatico dovessero compromettersi e interrompersi.

Tommaso ribattè: "Signore, ma noi non sappiamo dove vai; come facciamo a sapere la strada?" Gesù gli disse: "Io sono la via: io sono la verità e la vita. Solo per mezzo di me si va al Padre." Gv.14,5-6.

Per questo ritengo importante fare nostro l'insegnamento di Gesù e possibilmente non attaccarci a nessuna altra guida spirituale, perché qualora quella guida dovesse venire meno a chi faremo riferimento?